Presentazione
Mi occupo di ispezioni su imbarcazioni da diporto. Da due anni ho implementato la termografia nelle mie perizie, la quale, lungi dall’essere la soluzione ad ogni problema del perito, dà il suo piccolo contributo alla completezza dell’esame. Perciò nell’articolo che segue gli esempi sono riferiti ad indagini nautiche, ma naturalmente possono essere applicati a qualunque settore.
Fase 1: acquisizione del termogramma
Premessa
Partiamo dal punto in cui il termografo ha già impostato la termocamera con il ciclo FORD (FOcus – Range – Distance, ma questa è un’altra storia), e quindi ha eseguito le regolazioni che non potranno essere corrette in fase di post-produzione.
Ogni operatore termografico sa che al momento di catturare un termogramma è fondamentale la messa a fuoco termica: l’operatore deve decidere quale sarà l’intervallo di temperatura che visualizzerà sullo schermo della propria termocamera, assegnando un valore minimo ed un valore massimo ai colori della tavolozza prescelta. La regolazione può essere eseguita in modalità automatica o manuale: nel primo caso sarà la termocamera ad assegnare automaticamente i valori minimi e massimi, e di conseguenza la scala delle temperature, in funzione dei valori minimi e massimi rilevati nell’inquadratura in un dato istante; a parte le continue variazioni di colori che in questo modo il termografo sarà costretto a visualizzare, questo metodo rischia di compromettere un’indagine lasciando sfuggire eccezioni (anomalie rispetto al modello termico che ci si aspetta) a volte anche molto importanti. Pertanto è sempre preferibile l’utilizzo della termocamera in modalità di messa a fuoco termica manuale: in questo modo è l’operatore a stabilire i valori entro i quali sarà compresa la scala termica sul suo display.
Quando usare la modalità automatica?
Vi sono dei casi in cui la modalità automatica è comunque utile: primo fra tutti quando abbiamo bisogno di sapere qual è la temperatura dell’oggetto della nostra ispezione, in modo da stabilire quali valori utilizzare per la successiva regolazione manuale. Pertanto l’inizio di un’indagine termica avviene spesso in modalità automatica, sì che l’operatore possa stabilire con maggior precisione – e rapidità – il livello e l’ampiezza dell’intervallo di temperatura sul quale è più opportuno lavorare.
Nelle due immagini a lato: la prima è stata presa con messa a fuoco termica automatica; la camera infatti ha rilevato nel proprio campo visivo una temperatura minima di -25°C ed una massima di 56.3°C.
Nella seconda l’operatore ha ristretto il campo per concentrarsi sulla temperatura del soggetto che più gli interessa: la prua di questo bellissimo Hallberg-Rassy, limitando quindi la scala a valori compresi tra 22.6°C e 32.2°C. In queste immagini la tavolozza prescelta è la “ferro” (iron).
Impostare la scala manualmente
Le modalità per impostare la scala manualmente sono solitamente due: la modalità minimo/massimo o la modalità livello/ampiezza.
La modalità minimo/massimo utilizzata da alcuni modelli di termocamera richiede che si inseriscano – con sistemi diversi a seconda del modello – i valori limiti del campo di temperatura desiderato. La modalità livello/ampiezza (Level/Span) invece si applica inserendo nella termocamera il livello medio dell’intervallo di temperatura desiderato (Level) e la sua estensione (Span), che si estenderà nelle due direzioni a partire dal livello medio (Nota tecnica: alcuni modelli intendono come Span l’intero intervallo, mentre altri il semi intervallo positivo o negativo sopra o sotto il livello medio). Quindi, prendendo come esempio i due termogrammi precedenti, per impostare l’intervallo indicato dovremo:
- Impostare nella termocamera i valori di 22.6°C e 32.2°C come valori minimo e massimo, oppure
- impostare un livello di 27.4°C ed un’ampiezza di 9.6°C (a 4.8°C per alcuni modelli).
Scelta della tavolozza
Nella fase di acquisizione del termogramma dobbiamo anche scegliere quale tavolozza (palette) utilizzare; il nostro obiettivo è avere ben definito l’intervallo di temperatura nel quale si trova il soggetto, in modo da non perdere dettagli significativi. Se fosse sufficiente prendere dei termogrammi e portarli a casa, per poi passare alla fase di post produzione, tutte queste operazioni sarebbero superflue: basterebbe scattare il maggior numero di immagini termiche possibile e poi elaborarle con il nostro software preferito. Però in questo modo corriamo due rischi:
- Potrebbe sfuggirci un dettaglio che necessita di ulteriori approfondimenti, quindi potrebbe venirci a mancare il termogramma giusto, ma soprattutto
- potrebbe sfuggirci un dettaglio fondamentale per la sicurezza, che abbiamo il dovere di segnalare immediatamente; pensiamo all’ispezione di un impianto elettrico: tornando a casa elaboriamo un’immagine termica e scopriamo che un cavo ha una sovratemperatura di 40°C, allora chiamiamo il committente e glielo diciamo; al che lui risponde: “Grazie, ma tanto la barca è già bruciata.”
Quindi dobbiamo fare in modo di avere immediatamente l’idea di quello che stiamo misurando, la post-elaborazione serve solo ad essere più precisi e completi. Le tavolozze che abbiamo a disposizione sono diverse, e soprattutto differiscono tra i vari modelli di termocamera. Ma in generale abbiamo tre tipi di tavolozze: monocromatiche, oligocromatiche e policrome.
Le prime sono costituite, naturalmente, da un solo colore: ad esempio le scale di grigi o, talvolta, di seppia o gialli; le tavolozze oligocromatiche hanno invece due o tre colori: tra queste troviamo l’utilizzatissima “ferro”, la sorella “fuoco” (nero-rosso-giallo), la scala Grigio-Rosso, la Testo (grigio-arancio). Per finire le scale policrome hanno invece una maggior varietà di colori: tipica è la scala Arcobaleno (Rainbow, in diverse declinazioni, in particolare nella versione ad elevato contrasto), ma ce ne sono anche altre tra cui la Pioggia (Rain, senza bow), la Grigio Medio (azzurro che sfuma sul giallo passando per grigio e arancio) o la scala Medica, che sulla soglia superiore delle temperature vira al rosa.
Dobbiamo fare in modo di abbracciare l’intera gamma di colori disponibili nella scala di temperatura desiderata, pertanto ci faciliterà la vita lo scegliere una scala in cui le differenze tra i vari colori siano nette ed evidenti, ed in particolare si riconoscano subito i colori di fondo scala (che saranno attribuiti a tutti quei punti che irradiano una temperatura al di fuori dei limiti della scala prescelta. Quindi la scelta non può ricadere sulle scale di grigi, in cui è praticamente impossibile capire se una temperatura è fuori scala o no (soprattutto se la scala è come la prima delle due sopra presentate, in cui la parte bassa è molto nera e la parte alta molto bianca). Le scale oligocromatiche sono d’aiuto nei casi in cui ci sia molta differenza di temperatura tra il valore minimo e quello massimo delle temperature da misurare, ma in linea generale è sempre preferibile una scala policroma, in particolare la cosiddetta Arcobaleno Alto Contrasto, o Contrasto Elevato (Rainbow HC).
Fase 2: post elaborazione
Una volta acquisiti i termogrammi, abbiamo fatto buona parte del nostro lavoro. Non ci resta che tornare a casa, scaricare le acquisizioni e guardare cosa abbiamo fatto.
I file radiometrici vengono salvati dalla termocamera in diversi formati, ma fondamentalmente non sono altro che una griglia di dimensioni pari alla risoluzione del sensore, in cui in ogni riquadro sono salvate le informazioni di temperatura; oltre a questo ci sono una serie di metadati che raccolgono le informazioni relative a ora e data, emissività, temperatura riflessa e così via. Alcune termocamere salvano questi dati in un’immagine bitmap, con estensione .jpg o .bmp, quindi immediatamente visualizzabile, mentre altre utilizzano formati differenti che necessitano di un idoneo software per la visualizzazione. In ogni caso è necessario un software se vogliamo passare alla successiva elaborazione delle immagini.
Apriamo dunque l’immagine salvata. Cosa vediamo? Se la nostra termocamera salva le immagini come .jpg o .bmp possiamo visualizzare il termogramma con un programma di visualizzazione foto, e lo vedremo esattamente come lo abbiamo acquisito, con la stessa scala e la stessa tavolozza (senza però la scala cromatica di riferimento a fianco) come nell’immagine a lato; in questo caso visualizzo anche gli strumenti di misura che ho utilizzato in fase di acquisizione: un rettangolo con individuazione dei valori minimo, massimo e medio. Se invece i termogrammi vengono salvati dalla termocamera in formato differente (ad esempio i file .BMT delle termocamere Testo) allora il software di analisi è indispensabile anche solo per vedere il risultato della nostra indagine.
Affiniamo la scala
L’immagine che abbiamo acquisito sembra eseguita correttamente:ho scelto una tavolozza Arcobaleno HD, e vedo l’intera gamma di colori (il nero indica i valori al di sotto del minimo, il bianco quelli oltre il massimo) sviluppata sull’oggetto della mia indagine: il timone.
Ma vediamo se si può fare ancora meglio: nei termogrammi che seguono abbiamo ispezionato ancora un timone. La prima immagine è così come è stata salvata dalla termocamera, e notiamo due particolari: il primo è che nel terzo inferiore c’è una zona più fredda, ed il secondo che nella parte che ci interessa di più del timone – quindi i due terzi inferiori – non appaiono tutte le gradazioni di colore della nostra tavolozza. Decidiamo allora di sacrificare la visibilità delle aree meno interessanti, soprattutto lo sfondo, salvo che non ci interessi conoscere le condizioni degli alberi o del travel lift, ma anche della parte superiore del timone, che si trova in ombra e quindi con temperatura nettamente inferiore al resto della pala.
Portando il limite inferiore di temperatura da 2°C a 11.9°C abbiamo fatto in modo che nella parte inferiore del timone si trovino tutte le gradazioni di colore, dal nero al bianco.
Osservazione 1: il committente potrebbe trovare quest’immagine un po’ oscura, quindi possiamo renderla più intellegibile sovrapponendo l’immagine termica a quella visibile, con la tecnologia Twin-Pix, o Picture-in-picture, o come vi pare, ottenendo il risultato a fianco.
Osservazione 2: l’eccezione che si riscontra nel terzo inferiore del timone merita un approfondimento, e per questo motivo ho acquisito un’immagine ravvicinata della zona, ed uno dal lato opposto del timone – quest’ultimo per capire cosa mi aspetto di trovare all’interno in corrispondenza dell’eccezione.
Ancòra sulle tavolozze
Noterete che nel raffronto tra le due facce del timone ho utilizzato due tavolozze differenti: Arcobaleno HC per la ripresa dal lato sinistro e Ferro per la ripresa dal lato dritto.
Non è una scelta casuale, ma dettata dalle caratteristiche termiche dell’immagine: la prima ha un’ampiezza della scala termica di 21.1°C, mentre la seconda di soli 3.6°C. Questo comporta che, scegliendo una tavolozza con molti colori, la definizione svanisca e l’immagine diventi incomprensibile, come a lato. È immediato capire, dall’immagine con tavolozza oligocromatica (Ferro) che nel timone ci sono delle banderuole metalliche che partono dall’asse, ed in corrispondenza della banderuola inferiore si trova l’eccezione visibile sul lato sinistro, probabilmente ossidazione della parte metallica. Otteniamo un risultato migliore – e intellegibile – riducendo il numero di colori. Anche con una scala monocromatica (Scala di grigi nel secondo esempio).
Viceversa pochi colori rendono incomprensibile un’immagine con scala delle temperature più ampia. Nei due esempi che seguono si può apprezzare la differenza di valutazione in funzione dell’ampiezza della scala termometrica:
Per concludere, vi lascio in calce un termogramma declinato in nove tavolozze diverse, ognuna con il suo nome, per farvi un’idea delle differenze che si possono riscontrare. Quale scegliereste? Ah, a proposito: l’eccezione riscontrata è una delaminazione – a forma di goccia – che parte dall’estremità del bulbo di un’imbarcazione a vela.